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Le 15 poesie più belle di tutti i tempi

Le poesie più belle di sempre. Ecco i 15 componimenti poetici che più ci emozionano. Poesie d’amore, di nostalgia, di gioia, di tristezza, di sentimenti veri. Autentici capolavori della letteratura che riescono ad arrivare diretti al cuore.

Train of thought

Prima di cominciare con le poesie, vi proponiamo questo video, di particolare intensità. pieno di una struggente e nostalgica memoria.

Train of thought

LE POESIE PIU’ BELLE

Le poesie più belle(proposte in ordine rigorosamente sparso) sono state selezionate da Angelica Piras:

(15) “Dai il meglio di te” di Madre Teresa di Calcutta (1910/1997),

(14) “A Silvia” di Giacomo Leopardi  (1798/1837),

(13) “I figli” di Kablin Gibran (1883/1931)

(12) “Eterna presenza” di Pedro Salinas (1891/1951)

(11) “Lettere” di Alda Merini (1931/2009)

(10) “Ode al giorno felice” di Pablo Neruda (1904/1973)

(9) “Potessero le mie mani sfogliare” di Garcia Lorca (1898/1936)

(8) “Bellezza” di Antonia Pozzi (1912/1938)

(7) “Profumo esotico” di Charles Baudelaire (1821/1867)

(6) “Sonetto 24” di William Shakespeare (1564/1616)

(5) “Veglia” di Giuseppe Ungaretti (1888/1970)

(4) “Alle fronde dei salici” di Salvatore Quasimodo (1901/1968)

(3) “I ragazzi che si amano” di Jacques Prevert (1900/1977)

(2) “Il passato” di Emily Dickinson (1830/1886)

(1) “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale” di Eugenio Montale (1896/1981)

Allegria di naufragi

di Giuseppe Ungaretti

E subito riprende
Il viaggio
Come
Dopo il naufragio
Un superstite
Lupo di mare.



(15) Dai il meglio di te

di Madre Teresa di Calcutta

L’uomo è irragionevole,
illogico, egocentrico
NON IMPORTA, AMALO
Se fai il bene, ti attribuiranno
secondi fini egoistici
NON IMPORTA, FA’ IL BENE.
Se realizzi i tuoi obiettivi,
troverai falsi amici e veri nemici
NON IMPORTA REALIZZALI.

Il bene che fai verrà domani
dimenticato.
NON IMPORTA FA’ IL BENE
L’onestà e la sincerità ti
rendono vulnerabile
NON IMPORTA SII FRANCO E ONESTO.
Dà al mondo il meglio di te, e ti
prenderanno a calci.
NON IMPORTA, DA’ IL MEGLIO DI TE.


(14) A Silvia

di Giacomo Leopardi

Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?

Sonavan le quiete
stanze, e le vie dintorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all’opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.

Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno.

Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? Perché di tanto
inganni i figli tuoi?

Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d’amore.

Anche peria tra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovanezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? Questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi
onde cotanto ragionammo insieme?
Questa la sorte dell’umane genti?
All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.


Parliamo di noi

Tra una poesia e l’altra ecco una serie di baci belli, appassionati, romantici… che vi faranno riscaldare il cuore…

Parliamo di noi

(13) I figli

di Kablin Gibran

I tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo ma non li crei.
Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.
Puoi dar loro tutto il tuo amore,
ma non le tue idee.
Perché loro hanno le proprie idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo,
non alla loro anima.
Perché la loro anima abita nella casa dell’avvenire,
dove a te non è dato di entrare,
neppure col sogno.
Puoi cercare di somigliare a loro
ma non volere che essi somiglino a te.
Perché la vita non ritorna indietro,
e non si ferma a ieri.
Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani.



(12) Eterna presenza

di Pedro Salinas

Non importa che non ti abbia,
non importa che non ti veda.
Prima ti abbracciavo,
prima ti guardavo,
ti cercavo tutta,
ti desideravo intera.
Oggi non chiedo più
né alle mani, né agli occhi,
le ultime prove.
Di starmi accanto
ti chiedevo prima,
sì, vicino a me, sì,
sì, però lì fuori.
E mi accontentavo
di sentire che le tue mani
mi davano le tue mani,
che ai miei occhi
assicuravano presenza.
Quello che ti chiedo adesso
è di più, molto di più,
che bacio o sguardo:
è che tu stia più vicina
a me, dentro.

Come il vento è invisibile, pur dando
la sua vita alla candela.
Come la luce è
quieta, fissa, immobile,
fungendo da centro
che non vacilla mai
al tremulo corpo
di fiamma che trema.
Come è la stella,
presente e sicura,
senza voce e senza tatto,
nel cuore aperto,
sereno, del lago.
Quello che ti chiedo
è solo che tu sia
anima della mia anima,
sangue del mio sangue
dentro le vene.

Che tu stia in me
come il cuore
mio che mai
vedrò, toccherò
e i cui battiti
non si stancano mai
di darmi la mia vita
fino a quando morirò.
Come lo scheletro,
il segreto profondo
del mio essere, che solo
mi vedrà la terra,
però che in vita
è quello che si incarica
di sostenere il mio peso,
e di carne e di sogno,
di gioia e di dolore
misteriosamente
senza che ci siano occhi
che mai lo vedano.
Quello che ti chiedo
è che la corporea
passeggera assenza,
non sia per noi dimenticanza,
né fuga, né mancanza:
ma che sia per me
possessione totale
dell’anima lontana,
eterna presenza.


Giulietta

Ecco un video che racconta con immagini divertenti, commoventi, leggere ed anche belle il mondo dei bambini accompagnato da un romantico brano per piano del compositore fiorentino Lorenzo Pescini


(11) Lettere

di Alda Merini

Rivedo le tue lettere d’amore

illuminata adesso da un distacco,
senza quasi rancore.

L’illusione era forte a sostenerci,
ci reggevamo entrambi negli abbracci,
pregando che durassero gli intenti.
Ci promettemmo il sempre degli amanti,
certi nei nostri spiriti divini.

E hai potuto lasciarmi,
e hai potuto intuire un’altra luce
che seguitasse dopo le mie spalle.

Mi hai resuscitato dalle scarse origini
con richiami di musica divina,
mi hai resa divergenza di dolore,
spazio, per la tua vita di ricerca
per abitarmi il tempo di un errore.

E mi hai lasciato solo le tue lettere,
onde io le ribevessi nella tua assenza.

Vorrei un figlio da te,
che sia una spada lucente,
come un grido di alta grazia,
che sia pietra, che sia novello Adamo,
lievito del mio sangue
e che dissolva più dolcemente
questa nostra sete.

Ah se t’amo!
Lo grido ad ogni vento
gemmando fiori da ogni stanco ramo,
e fiorita son tutta
e di ogni velo vò scerpando il mio lutto
perché genesi sei della mia carne.

Ma il mio cuore trafitto dall’amore
ha desiderio di mondarsi vivo,
e perciò, dammi un figlio delicato!
Un bellissimo vergine viticcio
da allacciare al mio tronco.

E tu, possente padre,
tu olmo ricco di ogni forza antica,
mieterai dolci ombre alle mie luci.


(10) Ode al giorno felice

di Pablo Neruda

Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.

Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.


Back to the Roots

Tra una poesia e l’altra vi proponiamo questa volta un giovanissimo talentuoso pianista cinese che esegue magistralmente al pianoforte un brano di un compositore contemporaneo italiano.

Back to the Roots

(9) Potessero le mie mani sfogliare

di Garcia Lorca

Potessero le mie mani sfogliare
Pronunzio il tuo nome
nelle notti scure,
quando sorgono gli astri
per bere dalla luna
e dormono le frasche
delle macchie occulte.
E mi sento vuoto
di musica e passione.
Orologio pazzo che suona
antiche ore morte.
Pronunzio il tuo nome
in questa notte scura,
e il tuo nome risuona
più lontano che mai.
Più lontano di tutte le stelle
e più dolente della dolce pioggia.
T’amerò come allora
qualche volta? Che colpa
ha mai questo mio cuore?
Se la nebbia svanisce,
quale nuova passione mi attende?
Sarà tranquilla e pura?
Potessero le mie mani
sfogliare la luna!


(8) Bellezza

di Antonia Pozzi

Ti do me stessa,
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle – bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.

Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.

Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramonti
ai piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi –

E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido – della bellezza:
e tu lascia ch’io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
così densi di cielo –
profondi come secoli di luce
inabissati al di là
delle vette.


“Il risveglio della foresta”
Poesia di Angelica Piras – Musica di Lorenzo Pescini

Il risveglio della foresta

L’elenco delle 15 poesie più belle di sempre prosegue a PAGINA 2:


Vieni a scoprire il magico mondo musicale di Lorenzo Pescini!


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